SIMBOLISMO VISIONARIO
Domenica 17 aprile 2016 per la “Domus Picturae” è stato il momento di proporre agli interessati di recarsi a Milano, sempre sotto la guida del professor Corrado Mauri, per visitare la mostra “Il Simbolismo”. Arte in Europa dalla Belle Époque alla Grande Guerra” allestita nelle sale del piano nobile di Palazzo Reale.
A fine Ottocento, entrati in crisi i valori del Positivismo, basati sull’oggettività della scienza e sull’ottimismo della ragione, nasce il Simbolismo che cerca di andare oltre la realtà fenomenica, rifiutandosi di credere che essa sia solo quella che appare e cercando perciò di andare oltre, entrando nel mondo del sogno, dell’inconscio, del mito, favorito anche dalla nascita della psicoanalisi, della teoria della relatività e della fisica quantistica. Non a caso i temi delle diciassette sezioni della mostra sono l’incubo e il sogno, il demone e l’angelo, la morte e vita, la tenebra e la luce, il male e il bene.
La mostra presenta un esauriente panorama non solo della produzione italiana, ma anche di quella europea ed evidenzia i legami delle arti figurative con la letteratura ed in particolare con Baudelaire e i suoi “Fiori del male”, simbolo di una società che cominciava ad entrare in crisi a causa delle difficoltà e delle ingiustizie della contemporaneità documentando, senza perciò eludere nemmeno i temi sociali, come si potrebbe pensare per la particolare scelta dei soggetti, il malessere e il disagio dei deboli e degli oppressi.
In Italia Segantini e Previati sono stati i principali esponenti del movimento, anche se il primo legato più alla realtà naturale, il secondo al sogno. Per l’estero spiccano invece le figure di Böcklin, Klinger, von Stuck, Klimt, Rops.
Tra le opere, tutte significative e di alto livello, citiamo, a mo’ d’esempio, i diciotto pannelli sulla “Primavera che perennemente si rinnova” di Galileo Chini, ciclo decorativo chiaramente ispirato a Klimt, nel quale si susseguono figure stilizzate di giovani donne, efebi, figure alate, avvolte in un pulviscolo di oro e fiori. Altro importante ciclo quello per la Biennale di Venezia del 1907 “La vita Umana”di Aristide Sartorio oppure “La donna fatale e la sfinge” di Fernand Khnopff, simbolo della donna sentita nella sua potenza erotica attraente ma anche distruttiva a cui l’uomo non riesce a sottrarsi o, infine, “Il silenzio della foresta” di Arnold Böcklin in cui il medievale unicorno, animale fantastico che si lasciava avvicinare soltanto dalle vergini, si trasforma in un peloso caprone che ha perso tutto il fascino dell’antico modello. A conferma del clima e del senso di angoscia che queste opere esprimono, tutti i partecipanti, se pur ben contenti di questo particolare Incontro, hanno concordemente manifestato un deciso senso di disagio.
Marina Napoletano