QUALE FRANCESCO ?

QUALE FRANCESCO ?

Dopo il doppio appuntamento con Giotto, conferenza e mostra, nel mese di novembre 2015 è stato pubblicato un importantissimo volume di Chiara Frugoni, tra i maggiori studiosi di S. Francesco e la sua più esperta iconologa, nel quale sono analizzati tutti i cicli pittorici della Basilica Superiore di Assisi e ne viene proposta una lettura unitaria e quindi un programma che ne definisce esigenze e  significati.  Da qui ho sentito la necessità di proporre una conferenza (22 dicembre) che ampliasse la conoscenza di quanto appena analizzato della pittura di Giotto nel fondamentale cantiere di Assisi, manifesto della pittura italiana d’avanguardia a fine Duecento.

Con papa Nicola III (1277-80) si inizia ad affrescare il transetto con alcuni maestri d’oltralpe, ma soprattutto con Cimabue, con riferimenti all’Apocalisse ed episodi finali della vita degli apostoli Pietro e Paolo.

Giunti al tempo di Nicola IV (1288-1292), il primo papa francescano, era assolutamente necessario che la chiesa madre dell’ordine celebrasse con un ciclo di affreschi il suo fondatore che riposava fra quelle mura fin dal 1230. Come mai le pareti erano rimaste bianche per tanto tempo? Le motivazioni e le difficoltà erano molte. Bisognava lodare il santo ma nello stesso tempo bisognava raccordare i suoi ideali (estrema adesione evangelica, assoluta povertà, nessun bisogno di conventi e di libri, lavoro manuale) agli stridenti cambiamenti che erano avvenuti nel frattempo nell’ordine: non più frati laici ma sacerdoti, che abitavano bei conventi, insegnavano all’Università a Parigi, studiavano su lussuosi codici, affermavano che dovevano essere mantenuti dai fedeli. Francesco invece voleva una vita poverissima, temeva la scienza, che rende superbi e raffredda la carità. La sua fraternità era aperta anche e soprattutto ai laici, anche a chi non sapeva leggere.

Come fare allora? Gli affreschi si basano in parte sulla Legenda maior di Bonaventura, approvata nel Capitolo Generale di Pisa del 1263 e in parte su altre fonti assolutamente plausibili, che permettono di sanare il contrasto fra la vita e gli ideali di Francesco e la vita e gli ideali dei suoi compagni al tempo di Nicola IV. Francesco diventa dunque il prototipo, l’esempio, di un ordine perfetto che si concretizzerà in futuro, in un quando stabilito da Dio, ordine che però non è ancora quello del tempo di Bonaventura.

Francesco fu il primo santo ad avere le stimmate, miracolo del tutto straordinario e soprattutto inimitabile. Tuttavia non spese mai una parola su queste ferite, che invece frate Elia, potente Vicario dell’Oriente, aveva constatato sul suo cadavere. Si trattò di un ritrovamento vero o di un’audace invenzione? Certo Gregorio IX non vi credette, e nella bolla di canonizzazione (1228) non ne fece parola, anche se più tardi mutò opinione; una versione ancora differente fu quella di frate Leone, l’amico più caro del santo. Incertezze e discordanze che si rispecchiano nelle tre biografie ufficiali, commissionate a Tommaso da Celano (1228-9; 1246-7; 1254) sul quale influiscono le tensioni e i mutamenti dell’Ordine, diviso tra la fedeltà al Francesco delle origini e l’adattamento a una regola meno rigida che il travolgente successo del fondatore imponeva. A meno di quarant’anni dalla sua morte in Europa erano presenti oltre 1500 conventi francescani.

Originariamente simbolo di un modo di intendere la religione diverso e innovatore rispetto alle tradizioni ecclesiastiche, la figura di Francesco è stata in seguito oggetto di continue e sistematiche revisioni volte a censurarne gli aspetti più rivoluzionari. Il suo percorso biografico appariva infatti come simbolo di molte di quelle istanze centrifughe, quanto non decisamente sospinte su posizioni eretiche, contrastate dalla Chiesa, incapace di riassorbirle. D’altra parte, il credito e la popolarità raggiunte dal santo, tenaci anche dopo la sua morte, rendevano difficile e poco opportuno ogni tentativo di gettare discredito sulla sua figura. Di qui la necessità di organizzare una campagna capillare di informazione, affidata a biografie «controllate» appositamente commissionate e distribuite nei conventi con stupefacente efficacia e sistematicità. Infatti, la biografia ufficiale di san Bonaventura, per fare chiarezza e rispettare le esigenze del momento, impose un nuovo Francesco, facendo di lui la figura dolce e un po’ stucchevole che oggi siamo abituati a conoscere.  Nel Capitolo di Parigi del 1266 fu deciso di distruggere tutte le biografie precedenti, anche quelle non ufficiali, in quello che probabilmente si può ritenere il “rogo” più grande di libri nella storia della Chiesa e non solo. Solo a fine Ottocento furono recuperati, in parte e fortunosamente, a volte in un unico esemplare, alcuni dei testi precedenti alla Legenda Maior. Così, per secoli, Francesco fu il Francesco di Bonaventura.

Sfuggono al controllo le immagini, che pure avrebbero dovuto subire la stessa censura. Attraverso di esse è quindi possibile recuperare una diversa interpretazione dell’episodio delle stimmate. Un episodio – con la rivoluzionaria versione di Giotto – che è l’avvenimento più famoso a conclusione della vita di Francesco. Non meno controversa è l’interpretazione della predica agli uccelli, di cui la Frugoni, ci offre qui una nuova e suggestiva lettura che coinvolge momenti diversi e successivi.
Incrociando quindi fonti scritte e iconografiche l’autrice riesce, con grande agio narrativo, a fornire non solo un’inedita lettura della vita del santo, ma anche a recuperare un singolarissimo momento di storia religiosa, culturale e artistica.  Si giustifica così anche la presenza di due chiese sovrapposte: quella Inferiore ad uso del popolo, quella Superiore dall’Iconografia più complessa ed articolata per i monaci. Una iconografia che lega in una concezione unitaria i vari episodi narrati negli affreschi in cui il Francesco “tutto serafico in ardore” come lo definisce Dante nel Paradiso, si identifica tramite il pensiero di Gioacchino da Fiore ed il filtro di S. Bonaventura nell’apocalittico Angelo del Sesto Sigillo.

Parete della quarta campata con la complessa articolazione narrativa a più livelli

Una visione complessa che trasforma, nel futuro,  l’Ordine francescano in un ordine contemplativo, quando la stessa Chiesa raggiungerà il medesimo traguardo.  Un programma che richiede capacità particolari di invenzione e soprattutto gli strumenti culturali per la sua comprensione.  Il tentativo di conciliare il Francesco autentico, semplice e spontaneo delle origini con le esigenze di un ordine impossibilitato a mettere in pratica i suoi forti insegnamenti.

Lui è dipinto con barba e piedi nudi, i confratelli sbarbati e con i sandali.

Corrado Mauri

 

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