STANZA DELLA LIBRARIA DIPINTA A QUADRI CON ARCHITETTURA
Corrado Mauri
La Stanza della Libraria dipinta a quadri con Architettura è l’ultimo ambiente del percorso che conduce all’Oratorio dell’Angelo Custode, da qui si accede ad un corto corridoio che immette nella Tribuna della Cappella pubblica. Al corridoio, privo di decorazioni pittoriche, si giunge anche dalla Stanza degli eremiti. La stanza che esaminiamo era caratterizzata dalla presenza di una notevole libreria, senza dubbio con testi di ambito religioso, così descritta nell’inventario del 1762: “Una Libraria, che prende tutto il traverso della stanza in parte incassata nel muro, diviso in tre campi con lesene di noce intagliata all’antica, a due ante per campo nell’ordine a basso ed ordine superiore similmente con ramaze d’ottone e coperta di [.–.] lustrino a fiamma; con sei serrature e loro chiavi che restano apresso a su Ecc.za il Sig. Conte Pad.”. Attualmente l’arredo si trova a Palazzo Borromeo dell’Isola Madre.
La Stanza ha la consueta quadratura con un semplice basamento vuoto, sopra il quale, in una lieve incavatura, degli specchi marmorei hanno quattro borchie bronzee angolari. Oltre questi un fregio con una conchiglia convessa bronzea al centro e le consuete spirali fitomorfe. Il loro disegno generale è identico per le quattro pareti, ma nei singoli particolari presenta delle varianti. Al centro delle pareti ovest ed est sono dipinti due quadri incorniciati ed appesi con nastri, come già visto in altre stanze. La parete nord dove c’era la libreria, ne è evidente la sagoma sul muro, presenta su una cuspide un busto con lorica, a simboleggiare generalmente gli imperatori romani, infatti la scritta latina sottostante dice “È degno dell’impero chi sa comandare se stesso”. Due festoni sono appesi alla cuspide, a capo di quello a sinistra sta una scimmia con collare a significare che è stata addomesticata e simbolicamente che il buon potere gestisce al meglio anche gli aspetti negativi, come la scimmietta sulla Scala degli Stemmi.
Sulle due sovrapporte stanno due scritte latine che tradotte dicono: quella che proviene dalla Stanza degli eremiti “La natura si accontenta di poco”, quella che conduce alla Tribuna “Non cercare cose più alte di te”, siamo sempre nel clima della Moderazione. Una variante decorativa è nel particolare gioco di intrecci nella greca che separa gli specchi marmorei, che ad ogni sezione ripetuta del disegno base ha sempre delle minime varianti onde evitare una pedestre ripetizione, non degna del Villa, che in questa stanza lavora da solo, al di là dei suoi stretti collaboratori. A lui cui assegno anche il busto di imperatore, ritrovandovi le sue tipiche pennellate piene di colore in specifico nelle luci e la sua costante attenzione alle ombre sempre determinate dalla luce proveniente dalle finestre al fine di raggiungere un maggiore realismo. Un dubbio per la scimmietta che presenta le luci nel senso opposto rispetto alla provenienza dalla finestra, un probabile collaboratore, esperto in animali.
Vediamo ora i due quadri appesi: sono gli elementi più stimolanti da analizzare, non solo per i soggetti, ma anche sul piano pittorico, non avendo alcun dato documentale, sino ad oggi. Il primo è una Madonna col bambino già grandicello seduto sulla gamba della madre, che avvolge il figlio in un panno bianco. Maria è seduta sulla falce di luna con le punte rivolte in alto e sotto ai suoi piedi, sembrerebbe esserci la terra, quasi nascosta dalle nuvole, secondo la classica raffigurazione della Immacolata Concezione. Nel cielo sbucano dalle nuvole sei cherubini impostati, ognuno, su una forma triangolare. Questo mi ha immediatamente fatto ricordare gli stessi angioletti che compaiono nell’affresco del S. Pietro martire sull’altare della Cappella privata, nell’immediato confronto risultano praticamente identici, sono gemelli.
La stessa modalità pittorica e disegnativa è nei volti della Madonna e del bambino, raffigurati con il volto in luce e con semplici tocchi di pennello che definiscono occhi, naso e bocca. Quindi attribuire questa Madonna col bambino a Giovan Battista Costa è la cosa più ovvia che si debba fare, constatando che la presenza del Costa in Palazzo è ormai consuetudine.
Ben diverso l’altro quadro che ha per soggetto un Ecce Homo, il giudizio sul quale non può essere che: decisamente scadente.
Dall’impostazione stessa direi che la carenza non è solo dovuta a possibili ridipinture, perché già il disegno è decisamente penoso, sia nella inqualificabile anatomia del Cristo, sia in quella del soldato. La pittura poi è piatta, priva di volume, e lo sguardo di Gesù è fisso ed inespressivo. Appena accettabile la figura del sacerdote Caifa, nello scorcio della mano. Non è il caso di porsi il problema dell’autore, certamente si tratta di un intervento successivo all’epoca di Bartolomeo, che sicuramente non avrebbe consentito una pittura di questo livello.
L’aspetto interessante di questa Stanza, a ennesima conferma di quanto già detto, è nella ricerca di un equilibrio di diversi temi. Ci avviamo alla Tribuna in cui si assiste alle cerimonie religiose e due dipinti di soggetto religioso sono inevitabili, ma abbiamo, però, anche la presenza del potere temporale nel busto dell’imperatore e ciò ha una funzione anche educativa, sottolineata poi in modo esplicito dalla presenza, nella libreria, dei libri, strumenti simbolo della Cultura. Non abbiamo quindi una tematica esclusivamente religiosa, pur nei pressi della Cappella pubblica, ma il bisogno, la costante necessità di ricordare il valore primario della Moderazione, facendo affidamento a vari punti di vista.