Il grande pubblico conosce Giotto soprattutto per gli affreschi della Basilica Superiore di Assisi e per quelli della Cappella degli Scrovegni a Padova, ma in realtà il Maestro lavorò in tutta Italia, anche là dove i non esperti non si aspetterebbero, ad esempio a Milano, proprio in quel Palazzo Reale che nel Trecento era la residenza di Azzone Visconti. Inoltre fu quattro anni a Napoli, alla corte di Roberto d’Angiò, a Rimini, a Bologna, a Roma, oltre che, naturalmente a Firenze, sua città d’origine. Per questo motivo, ma soprattutto per sottolineare la grandezza di un artista innovatore che avrebbe influenzato con la sua opera la pittura di tutta la penisola, i curatori della mostra hanno intitolato la stessa “Giotto, l’Italia”. Si tratta di una scelta selezionatissima di capolavori, praticamente tutti polittici, divisi in nuclei cronologici che seguono lo svolgersi della vita dell’ Autore dalla giovinezza alla morte.
Tra le opere più interessanti il polittico Stefaneschi, forse il più insigne, ma anche quello di Badia, di Santa Reparata, di Bologna e il Baroncelli.
In essi, come in tutta l’arte di Giotto, si riscontra una rappresentazione realistica, grazie alla quale i personaggi divini vengono presentati nella loro umanità ed i paesaggi cominciano ad acquisire profondità in una prospettiva intuitiva, giacché la teoria prospettica vera e propria sarà teorizzata solo nel XV secolo. Se infatti osserviamo gli atteggiamenti dei personaggi, ad esempio la Madonna e Gesù Bambino, notiamo subito che non si tratta di divinità distanti e ieratiche, ma di esseri colti nella realtà di mamma e bambino che intrattengono tra di loro un rapporto affettuoso e confidenziale, come è normale tra madre e figlio.
Nel polittico di Badia Gesù si attacca allo scollo dell’abito della Madonna in un tipico gesto infantile. Ma la stessa osservazione si può fare per i crocefissi, non presenti in mostra, che ci mostrano non un Cristo trionfante, che per la sua divina natura è come non risentisse del dolore sofferto a causa delle torture, ma un corpo morto appeso ad una croce che china la testa in avanti a causa del peso della stessa.
La visita alla mostra, come è frequente consuetudine del professor Corrado Mauri, che cura queste uscite per gli “Incontri con l’Arte” della “Domus Picturae” di Cesano Maderno, è stata preceduta da una conferenza tenuta venerdì 30 ottobre nella Sala Aurora di Palazzo Arese Borromeo per portare a conoscenza dei partecipanti, ma anche del pubblico in generale, che è intervenuto numeroso grazie alla fama dell’Autore, il resto dell’opera di Giotto che per ovvi motivi, trattandosi in buona parte di affreschi, non poteva essere visibile in Mostra.
Un’occasione simile, il rivedere insieme questi polittici, non si ripeterà facilmente ed è stato un vero privilegio potervi accedere preparati dalla conferenza introduttiva e perciò con la possibilità di verificare dal vivo quanto appreso in essa.
Marina Napoletano