PALAZZO ARESE BORROMEO (9

PIANO NOBILE 

Corrado Mauri

Come per il piano terra diamo una visione alla pianta del piano nobile onde capire i vari percorsi di visita.

La scala degli stemmi

Dal portico d’ingresso, nel lato sud-ovest, si accede allo Scalone di ferro oggi detto Scala degli Stemmi, ed è uno dei tre scaloni che permettevano l’accesso al piano nobile. Attualmente è quello praticabile per il pubblico, ma anche il più importante sul piano politico, infatti sulle sue pareti sono affrescati quarantasette stemmi, è uno degli esempi di stemmario più rilevanti in Lombardia. Prima di approfondire questo aspetto dobbiamo constatare il netto cambiamento che riguarda gli affreschi che non sono più realizzati nelle volte delle sale ma sulle pareti e partendo dal piano dei pavimenti sino ai soffitti che non sono più a volta, ma di legno a passasotto con rosette dipinte. L’elemento che unifica tutti gli affreschi del piano nobile è che i vari soggetti storici, mitologici o simbolici, le figure o i paesaggi sono rappresentati all’interno di quadrature architettoniche di tipo classico, che hanno anche la scopo di ampliare gli spazi con effetti monumentali e prospettici. A questo proposito posso qui anticipare una ipotesi di studio (già proposta da R. Bossaglia), che avevo iniziato qualche anno fa, un po’ accantonata per altri impegni, ma sempre in fieri, ed è che l’autore delle quadrature di Palazzo non sia Giovanni Ghisolfi, come supposto e detto sino ad oggi ma Francesco Villa. Affermo ciò sulla base, in particolare, di un documento molto importante di cui ha trattato Massimo Rebosio, socio di Vivere il Palazzo e il Giardino Arese Borromeo nei Quaderni di Palazzo AreseBorromeo[1][2] “la relazione del 1658 dell’ingegnere architetto collegiato Giovanni Ambrogio Pessina..” in cui si dice ad un certo punto “…havendo per difori il Villa fatto il sbozzo di disegno”.  Il riferimento riguarda quasi sicuramente il quadraturista milanese Francesco Villa, le cui quadrature nel Duomo di Monza e nella Certosa di Pavia mostrano strette affinità con quelle di Cesano. La mano è praticamente la stessa ed è notevolmente abile. E, altra piccola anticipazione: è talmente bravo che si concede, qui a Palazzo, non negli ambienti di maggior rappresentanza, ovviamente, ma nelle piccole salette, delle libertà sia esecutive sia in piccoli particolari, decisamente significative.

In questa immagine, rielaborata dagli studenti della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, che nell’anno accademico 2013-14 hanno realizzato dei rilievi architettonici a Palazzo e che, a fianco dei loro docenti, ho seguito personalmente, si vede chiaramente la quadratura architettonica dipinta: lesene con plinti che reggono una trabeazione, sulla quale sono a loro volta raffigurati gli stemmi. In merito all’importanza ed alla lettura degli stemmi rimando al puntuale ed approfondito studio di Silvia Boldrini, altra socia di Vivere il Palazzo, studiosa di araldica[3].   

Un altro elemento particolarmente significativo è che, salendo i gradini, si ha la sensazione di fare meno fatica, questo è dovuto al fatto che essi, in granito rosa di Baveno sagomato, sono stati posati con una pendenza di due cm, nell’intento, probabilmente, di affaticare meno gli ospiti nel loro salire (vedi nota 2).  Salendo la prima rampa di scalini sul pianerottolo abbiamo a destra una porta che conduce ai mezzanini ed alla torre del Palazzo e sulla parete frontale gli affreschi sono straordinariamente importanti. In basso abbiamo un monocromo che raffigura un personaggio che, seduto su una roccia, tiene in mano

una bacchetta con in cima una stella mentre di fronte è posta una sfera armillare. Sta scrivendo mentre osserva una costellazione: si tratta di un astronomo nel pieno della sua attività. Da alcune lettere di Giulia Arese si ha la notizia che la torre di Palazzo, ben praticabile nella sua cima, veniva usata anche come osservatorio astronomico, questa attenzione agli aspetti scientifici ci viene confermata dalla stessa biblioteca di Bartolomeo III, che presenta trattati scientifici ed in particolare il “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” allora libro all’indice, di Galileo.  Quindi l’affresco dell’astronomo ci dice la funzione della torre.

Sopra l’astronomo abbiamo un affresco che, a parer mio, è allo stesso tempo, tra i più importanti e ambigui di tutto il Palazzo. Infatti, grazie alla celebrazione araldica, siamo nella massima ufficialità e quella che vediamo nel salire al piano nobile è una parete al cui centro viene raffigurato un contadino, senz’altro il fattore della proprietà Arese, che si affaccia da una finestra con balaustra, tenendo in mano il suo cappello di feltro, in segno di saluto e deferenza nei confronti degli ospiti. È di fianco al battente di una porta, chiuso, inoltre, sopra di lui è raffigurato lo stemma della Monarchia Spagnola, certo non casualmente. Quale è il suo compito? Il prof. Spiriti, nel corso per le guide di Palazzo, ci ha comunicato che riveste il ruolo di giudice nei confronti di chi sale concedendo o negando l’ingresso, ma le sue caratteristiche mi hanno sempre lasciato perplesso per il suo poco essere contadino, per la sua austerità ed innegabile severità.

Il mio sospetto, a cui ho trovato conferma parlandone con la prof.ssa Cinzia Cremonini, è che sotto l’immagine del contadino ci fosse il ritrarsi dello stesso Bartolomeo III, idea che ho poi approfondito, tant’è che ho poi scritto un articolo “Nelle sembianze del fattore” (pubblicato nel n° 2 Anno VII – novembre 2014 dei Quaderni di Palazzo dell’Associazione Vivere il Palazzo e il Giardino Arese Borromeo) ad una sintesi del quale Vi rimando e che trovate al termine di questa descrizione della Scala degli stemmi.

Nel salire la seconda rampa, con ringhiera in ferro battuto da qui la denominazione Scalone di ferro, ci ritroviamo sulla sinistra la rappresentazione di una scimmietta che simboleggia il male, ma essendo legata ad una catena, comunica che in Palazzo il male è incatenato e sotto controllo e quindi l’ospite non deve temere alcunché, è sotto la protezione degli Arese.

Al secondo pianerottolo ci sono tre porte, frontalmente si entra nell’anticamera e poi nel Salone dei Fasti Romani, a destra è l’ingresso al quartiere sapienzale con la Galleria delle Arti Liberali ed agli appartamenti maschili, a sinistra la Sala delle Rovine e altre di grande rappresentanza. Alla parete tra la porta vera e l’altra dipinta c’è un plinto che regge una pigna, che realisticamente proietta la sua ombra, e trovandosi sotto uno stemma papale, si collega idealmente alla famosa pigna del Cortile del Belvedere in Vaticano quale segno di eternità, fertilità, abbondanza e prosperità; nonché espressione d’illuminazione spirituale, pur se elemento profano assume una notevole simbologia cristiana, quale riferimento al ciclo vitale. Lo stemma papale fa riferimento a Papa Innocenzo XI Odescalchi ed è un aggiornamento successivo, senz’altro in occasione del matrimonio, 1744, di Renato III Borromeo Arese e Marianna Odescalchi, nipote appunto di questo papa. Negli anni di Bartolomeo sedeva sul soglio pontificio Papa Alessandro VII (1655-67). La dimensione dello stemma papale è uguale a quella dello stemma spagnolo, segnando la rilevanza di entrambi. Ai lati di quello papale abbiamo il leone fasciato degli Omodei (la famiglia di Lucrezia moglie di Bartolomeo) e lo stemma Borromeo: entrambi hanno il galero cardinalizio in riferimento a Luigi Alessandro Omodei, cognato di Bartolomeo III ed a Giberto III Borromeo, fratello del genero di Bartolomeo, entrambi cardinali. Sopra lo stemma papale quello degli Arese con le due ali e in capo l’aquila imperiale, ai lati lo stemma degli Archinto, cugini degli Arese e quello dei Visconti. Quindi intorno al Papa abbiamo tutta la stretta parentela del nostro Presidente; il sovrano spagnolo, pur nella dichiarata fedeltà, è distante, è sulla parete difronte dove c’è, tra l’altro, una dissimulazione nel contadino. Nella modalità di collocare gli stemmi si può leggere una dichiarazione di appartenenza, una scelta di ambito politico, in questo caso dichiaratamente italiana. In merito alle datazioni, proprio in questa Scala abbiamo due date precise: all’interno della porta d’ingresso allo scalone abbiamo la data 1659, l’inizio della sua costruzione, mentre sopra la porta che introduce alla Galleria delle Arti Liberali abbiamo in un cartiglio un’altra data, 1663, probabile inizio della decorazione della Galleria stessa.

Rimando per un opportuno approfondimento sul Fattore alla sintesi in “Nelle sembianze del Fattore”, mentre la visita prosegue, svoltando a sinistra nella Sala delle Rovine.


[2] [2] M.Rebosio, “Questo dipende dalle resolutione et gusto di Vostra Signoria IIllustrissima..” La relazione del 1658 dell’ingegnere architetto collegiato Giovanni Ambrogio Pessina sullo stato dei lavori nel Palazzo di Bartolomeo III Arese”, in “Quaderni di Palazzo Arese Borromeo, Anno II/n° 1, maggio 2009. www.vivereilpalazzo.it

[3] S. Boldrini, Uno stemmario milanese affrescato: lo scalone delle arme di Palazzo Arese Borromeo – Parte prima, Parte seconda, in “Quaderni di Palazzo Arese Borromeo”, Anno II/n° 2, Novembre 2009 www.vivereilpalazzo.it